Sotto il fascismo l’Italia ha vissuto uno dei momenti più bui della sua storia LGBT+ quando centinaia di persone in tutta Italia (quasi esclusivamente uomini) vennero arrestate, schedate dal ministero dell’Interno, e mandate al confine perché omosessuali.
‘Le stazioni della Via Dolorosa degli Arrusi’ è la storia degli ‘arrusi’. I quarantacinque uomini omosessuali catanesi arrestati e deportati nell’isola di San Domino delle Tremiti.
Sottoposti a lavori pesanti
Il confinamento era una forma di lavoro forzato e gli individui erano sottoposti a lavori pesanti, condizioni di vita difficili e abusi. Il confinamento includeva anche trattamenti medici forzati.
Erano considerati subumani, non uomini.
I prigionieri non avevano acqua corrente né elettricità. Erano stipati in dormitori rudimentali. La loro presunta orientazione sessuale veniva registrata all’arrivo. Ogni prigioniero sarebbe stato catalogato in quaderni. Scrivevano tutto ciò che i detenuti avevano fatto.
Tra quelli banditi dall’isola, il ‘femminile’ erano quelle il cui futuro era più incerto. Al loro arrivo, immersi nell’ignoto, non sapevano per quanto tempo sarebbero rimasti, avendo trovato circostanze che il fascismo non tollerava.
Una volta sull’isola, molti di loro non potevano lasciare perché, per una ragione o per l’altra, le loro condanne venivano prolungate.
Erano solo perseguitati per essere omosessuali.
Ma tolleranza
Ma alle Tremiti è stato mostrato anche un livello di tolleranza. Per anni nessuno sull’isola ha voluto parlarne, i locali lo tenevano segreto. Non ne parlavano liberamente, lo tenevano nascosto.
Ma li hanno accettati. All’inizio li prendevano in giro, li deridevano all’inizio. Ma poi sono diventati amici.
Sono diventati parte della comunità locale. Sono stati accolti calorosamente. Non sono stati maltrattati. Alcuni forse si vergognavano un po’ e non volevano parlare di relazioni sentimentali o cose del genere.
E qui per la prima volta nella loro vita, gli omosessuali hanno trovato una comunità e non hanno più dovuto mentire o nascondersi. Una o due volte alla settimana organizzavano festeggiamenti, una specie di spettacolo teatrale. Erano liberi di occuparsi dei loro affari. Solo che dovevano tornare di notte, entro le 22:00. Al mattino potevano partire alle 8 per fare il loro lavoro. C’era un operaio che aveva il compito di raccogliere la legna per i quattro forni per il pane. Vivevano liberamente e un giorno alla settimana alcuni si vestivano anche da donna.
Liberi di essere se stessi autentici. Vivere come apertamente gay.
Inconsapevolmente il regime fascista aveva creato la prima comunità apertamente gay in Italia.
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